Sono state diverse le famiglie che, a partire da marzo, si sono ritrovate a discutere con gli istituti frequentati dai figli per il pagamento delle rette nei mesi in cui le scuole sono state chiuse per l’emergenza Covid-19.
Con l’avvio del nuovo anno scolastico, al momento dell’iscrizione, i genitori sono stati costretti a firmare accordi e clausole che li obbligano a pagare le rette anche in caso di futuro lockdown. Ma lo possono fare?
Da giorni ci giungono richieste di chiarimenti relativamente al rischio di una eventuale chiusura delle scuole in caso di un nuovo lockdown per il Covid 19 o singole chiusure dovute a contagi.
Abbiamo ovviamente girato la domanda alle Avvocate dello Studio Legale FDG per capire quali sono i nostri diritti di genitori.
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La domanda è sempre la stessa: “se la scuola di mio figlio dovesse nuovamente chiudere come già successo o se dovessero sospendere il servizio per 15 o più giorni a causa di contagi, come dovremmo comportarci?” e nasce dal fatto che molti Istituti scolastici, al momento dell’iscrizione o del rinnovo di iscrizione, hanno fatto sottoscrivere ai genitori una clausola in cui li si obbliga a versare comunque la retta anche nel caso di tali situazioni.
Rette scolastiche in caso di lockdown: le clausole vessatorie
Diciamolo subito: questa clausola è vessatoria e, in quanto tale, illegittima. E’ vessatoria in quanto crea uno squilibrio fra consumatore e professionista (in questo fra genitore e scuola), mettendo in una posizione di subordine il genitore. E il codice del Consumo (oltre al codice civile), vieta espressamente questo tipo di clausole, a meno che non vengano approvate dal consumatore/genitore. Ecco, nel caso che qui ci riguarda, anche la doppia sottoscrizione di queste clausole (quella sottoscrizione per cui l’Istituto scolastico potrebbe dirvi: “hai firmato ben due volte, quindi sapevi cosa stavi firmando!”) non è valida, perché comunque il rischio contrattuale ricadrebbe solo sulle spalle dei genitori esentando la scuola da qualsiasi responsabilità in capo alla mancata erogazione del servizio causa Covid e ciò, chiaramente, non è possibile.
Rette scolastiche in caso di lockdown: la differenza fra privato e pubblico
Ovviamente parliamo di scuole private (nidi, scuola dell’infanzia e scuola primaria e secondaria), perché per le scuole pubbliche questo problema non si pone.
Infatti, la frequenza nelle Istituzioni scolastiche statali e nelle scuole paritarie dell’infanzia a gestione pubblica è gratuita e quindi, a carico delle famiglie, l’unico servizio a pagamento – peraltro in base al reddito – è solo la mensa.
Diverso è il discorso per le scuole private, perché in quel caso, al momento dell’iscrizione, si firma un vero e proprio contratto (che a volte il genitore, ignaro, non sa neanche di stare firmando, perché non sempre gli viene detto che, con l’atto del versamento della quota di iscrizione sta – più o meno esplicitamente – approvando una serie di regole che sono quelle contenute nel “Regolamento di Istituto” ). Questa differenza di trattamento, ha permesso a diversi Istituti scolastici privati (non a tutti, fortunatamente!), alla fine dello scorso anno scolastico, di attaccarsi a una serie di regole fra le più disparate per giustificare la loro richiesta di mancato rimborso ai genitori del periodo pagato, ma non fruito, a causa del Covid 19. Ovviamente, in alcuni casi ha prevalso il buon senso di alcuni Dirigenti scolastici; in altri c’è stato un venirsi incontro dei genitori con la scuola; in altri ancora, infine, è stato necessario intervenire legalmente per far valere i propri diritti di genitori e fruitori di un servizio.
Ciò non è invece avvenuto per le scuole pubbliche in quanto, in quel caso, il Governo ha stabilito che le rate relative al periodo non fruito non dovessero essere versate, poiché il servizio non è stato erogato.
Rette scolastiche in caso di lockdown: come si può agire?
La soluzione che si potrebbe ipotizzare, laddove dovessero verificarsi casi del genere è quella di contestare immediatamente la richiesta di pagamento della scuola a fronte della mancata fruizione oppure di accordarsi per un pagamento parziale della retta. Cosa diversa è nel caso in cui, da contratto, sia comunque garantita la formazione a distanza (e sia poi effettivamente prestata) per un numero sufficiente di ore: in quel caso il pagamento sarà dovuto, ma dovranno essere rimborsati tutti quei servizi in più previsti al momento dell’iscrizione ma non fruiti, come ad esempio la mensa, la palestra, le attività sportive o musicali, ecc…