Sempre di corsa, divise tra mille impegni, le mamme spesso devono affrontare anche le trasferte di lavoro. Come fare, come vivere al meglio questo momento, spesso un po’ difficile?
A me succede sempre così quando vado in trasferta per lavoro. Domenica non volevo uscire di casa e lasciare la mia piccola iena per 4 giorni.
Sì, vabbè che ormai non la allatto più, va bene che ormai si gira dall’altra parte e si addormenta da sola, ma quattro giorni sono sempre quattro giorni, no?!?!
Tra l’altro quando mamma va in trasferta è vietato alcun tipo di videochiamata, facetime, facechat, facewhatsapp, pena crisi di pianto lunga due ore (sia mia che sua).
E così domenica aspettavo l’ascensore, con le lacrime agli occhi e guardando Greta che, a cavalcioni sulle spalle del padre, mi salutava con il suo sorriso sdentato.
Il processo è sempre lo stesso, ascensore, stomaco chiuso, occhi gonfi, nostalgia che mi attanaglia.
Taxi.
Aeroporto di Fiumicino, grazie.
3, 2, 1. Sipario.
Ci sono delle cose che una mamma deve tacere (ma che mio marito dopo questo post saprà). Allontanarsi dai figli, dal marito, dalla routine, il dispiacere. Un dolore che ti paralizza, la nostalgia che si affaccia appena prendi il treno o l’aereo. Le farfalle nello stomaco, il sudore caldo-freddo, i giramenti di testa, la fame nervosa… nostalgia di casa? Malinconia da assenza di iena ridens e marito? NO!
E’ pura esaltazione della solitudine.
E’ l’attesa di poltrire su un letto a 2 piazze, l’idea di una doccia calda con calma, di una pipì da sola.
E’ la sensazione di piena libertà che non provavi da secoli, da quando a 18 anni hai chiuso la porta di casa dietro di te e sei partita per il tuo primo vero viaggio da sola.
E’ la serenità di sapere che ti puoi lanciare in mutande sul letto, così a quattro di bastoni schiacciando la testa dentro al cuscino e restare lì ferma, immobile per 5 minuti nel silenzio più totale.
E sticazzi se la prima riunione è alle 8 di mattina, ti alzerai felice con l’unico obiettivo di scendere a fare colazione e mangiarti anche la cameriera che con il suo sorriso dolce ti accoglie in sala mentre fissi il vuoto e non pensi a NIENTE.
E’ la libertà di poter decidere cosa fare all’ultimo momento. Aperitivo? Cena? Niente?Tutto?
Ma come si affronta una trasferta nel modo giusto? Ma soprattutto come far vivere la lontananza di mamma in maniera serena?
La prima regola, a mio avviso, è la sincerità. Io Greta la avviso sempre quando devo partire. Inizio qualche giorno prima di partire a comunicare la novella e la ripeto un paio di volte al giorno an passant, magari mentre cucino o mentre facciamo la doccia.
Non sono della scuola di pensiero vado via quando dorme, chiudo la porta e ci vediamo fra tre giorni. Non è vero che i bambini non capiscono, forse è vero che non hanno la dimensione temporale ma quella emotiva sì. E soffrono per l’allontanamento.
Seconda regola fondamentale mai e dico mai farsi vedere tristi, i bimbi lo sentono. Ma nello stesso tempo è importante accogliere qualsiasi reazione del bambino. Affrontare anche l’emozione negativa senza minimizzarla.
La terza regola (ma che noi non seguiamo) è quella di non perdere le proprie abitudini. Ho colleghe, mamme di bimbi piccoli, che ad esempio anche quando sono in trasferta leggono la favola della buonanotte al telefono per far addormentare i propri figli.
O ad esempio alcuni bambini dormono con oggetti della mamma, come ad esempio una maglietta o un fazzoletto.
Per il resto c’è poco da dire, se vi sentite più serene preparate i cambi per i vari giorni che sarete fuori (l’abbinamento dei colori non è proprio il punto forte dei papà), preparate e surgelate le cene per marito e figli, organizzate i pomeriggi con laboratori, letture, attività o con della sana noia che non fa mai male.
Ma in realtà l’elemento fondamentale che ci permette anche il cazzeggio sfrenato durante una trasferta è la tranquillità. La serenità di sapere che il proprio figlio è in mani sicure mentre si è lontani da casa è la condizione indispensabile per potersi godere ogni istante della giornata. La tranquillità di saperla serena anche se si è un po’ tristi.
E poi c’è il ritorno a casa che, in fondo, è la parte più bella della trasferta.
Entro a casa, mi avvicino a Greta e mi perdo nelle sue piccole braccia!