E se i maschietti giocano con le bambole?

3 Mag, 2022
silvialombardo

Al quarto tentativo di convincerla che con i capelli corti avrebbe sentito meno caldo in questa estate torrida, Angelica – prima figlia di 5 anni – mi ha risposto:

“Ma no Mamma! I capelli corti no, sono da maschio!”.

Sono rimasta un po’ interdetta perché non l’avevo mai sentita fare distinzioni così nette fra femmine e maschi prima d’ora. Mi ero preparata, quindi sapevo che sarebbe successo, però sono rimasta spiazzata per qualche istante. Allora ho azzardato un “scusa Amore, ma come fai a distinguere una cosa da maschio da una da femmina?”. Il successivo sguardo un po’ scocciato, di per sé era già una riposta, ma poi ha aggiunto:

“Mamma, ma che domande fai? Le femmine portano i capelli lunghi e giocano con le bambole a mamma e figlia, i maschi hanno i capelli corti e giocano a rincorrersi e a fare la lotta”.

Maschietti bambole stereotipi di genere

Mentre lei parlava, ho cercato istintivamente con lo sguardo Davide (l’altro figlio di un anno e mezzo) – un terremoto di riccioli biondi – seduto a dare da mangiare a “Bimbi”, ovvero la bambola di pezza della sorella, dal corpo lungo lungo e i capelli di lana.

Ho quindi pensato di chiedere alla psicologa dello Sviluppo e dell’Educazione specializzata nei Disturbi del Neurosviluppo, la Dottoressa Maria Grazia Maniscalco, come e quando si comincia a pensare per “stereotipi di genere”.

Maria Grazia Maniscalco
Psicologa dello Sviluppo e dell’Educazione
specializzata nei Disturbi del Neurosviluppo
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Cosa ci distingue? Dalle caratteristiche esteriori al comportamento

“Quando osserviamo bambini e bambine interagire tra loro, ci accorgiamo che esistono due mondi separati, quello maschile e quello femminile, fatti di comportamenti, emozioni, cognizioni differenti.

Una delle prime e più importanti caratteristiche che il bambino utilizza per definire se stesso, infatti, è il genere sessuale.

Già a partire dai 2 anni, i bambini si identificano e identificano gli altri come maschi o femmine a partire da caratteristiche esteriori come il modo di vestire o il taglio di capelli.

Intorno ai 3 anni di età acquisiscono, invece, la consapevolezza che maschi e femmine si comportano in modo diverso tra loro, e che alcuni comportamenti sono “giusti” per i maschi e altri sono “giusti” per le femmine.

È verso i 6 anni che bambini e bambine acquisiscono l’idea che il genere di una persona rimane lo stesso per tutta la vita, anche quando si modificano le apparenze esteriori (il taglio di capelli o il cambio di un vestito) o si intraprendono attività diverse dal solito (ad es. vedere papà ai fornelli). Da questo momento in poi, bambini e bambini ricercheranno informazioni e modelli di comportamento congruenti con il proprio sesso di appartenenza.

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Il ruolo di genere imposto dalla società

La conoscenza del ruolo di genere, ciò che è socialmente appropriato per le femmine e per i maschi viene appresa precocemente osservando i comportamenti delle figure adulte di riferimento, ma anche attraverso i cartoni animati, i giochi, le favole, le pubblicità per bambini, l’interazione con i pari.

Generalmente, attribuiamo caratteristiche di personalità e abilità differenti a maschi e femmine. I maschi vengono descritti come più fisici, vivaci, aggressivi, dominanti, più capaci ad orientarsi nello spazio e più bravi in matematica; le femmine, invece, vengono descritte come più passive, accondiscendenti, socievoli, timorose, emotive, più capaci ad esprimersi verbalmente.

Nonostante la mole di studi scientifici, a oggi ci si chiede ancora quanto pesino le influenze ambientali e culturali sullo sviluppo della personalità e delle abilità di ognuno, quanto ci sia di innato e quanto di appreso.

Quando sono piccoli, bambini e bambine sono incuriositi allo stesso modo da tutto ciò che li circonda, dagli oggetti e dalle loro funzionalità. Amano travestirsi e inventare storie; giocano indifferentemente con le bambole o con le macchinine. Se osserviamo differenze nella scelta dei giocattoli o nel modo di giocare dobbiamo chiederci se tali differenze siano dovute al sesso o, piuttosto, al temperamento innato di ognuno. Un bambino vivace, ad esempio, può preferire giochi più movimentati e dunque scegliere giocattoli che si adattino allo scopo, come spade o supereroi per fare una lotta, mentre un bambino più tranquillo può scegliere giochi come macchinine, lego o bambole che gli consentono di immaginare scenari diversi. E, ovviamente, lo stesso vale per le femmine.

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Le nostre scelte influenzano il loro modo di essere

Molto spesso genitori e insegnanti tendono a influenzare il comportamento dei bambini proponendo loro giochi che si conformano al ruolo di genere, cioè quelli che la società ritiene essere più appropriati per l’uno o per l’altro. Soprattutto per i maschietti, spesso accade che vengano scoraggiati o addirittura rimproverati se giocano con le bambole o si travestono con abiti femminili, perché si teme possano sviluppare atteggiamenti “effemminati” e che questo possa guidare le loro scelte sessuali future. Anche per le femminucce le cose non vanno meglio. Le bambine vivaci, intraprendenti o combattive spesso sono etichettate come “maschiaccio”, comunicando in questo modo che dalle femmine ci si aspetta un altro tipo di comportamento, più docile e remissivo.

Per quanto un genitore si sforzi nel trasmettere ai propri figli, maschi o femmine che siano, un’educazione il più possibile lontana da stereotipi di genere, le aspettative che si hanno riguardo il significato “sociale” dell’essere maschio o femmina e la percezione che si ha del carattere dei propri figli (forti, vulnerabili, sensibili ecc.) spesso porta il genitore a incoraggiare o scoraggiare determinati comportamenti, influenzando inevitabilmente il loro modo di essere e le scelte che faranno. Anche la scuola e il gruppo dei pari mostrano atteggiamenti e comunicano aspettative differenti nei confronti dei due sessi.

Perché a un certo punto, verso i 4 anni, i bambini scelgono di giocare con i compagni dello stesso sesso? Perché a questa età gli stereotipi di genere sono formati e inducono i bambini a scegliere il compagno più simile a loro, sia per compatibilità caratteriale che per modalità di gioco.
Le bambine stanno con le compagnette per fare giochi più interattivi e meno conflittuali, mentre i maschietti si scelgono, al contrario, proprio per esercitare uno stile di gioco più movimentato e irruento.
All’apparenza. In realtà diversi ricercatori hanno osservato come il comportamento delle bambine cambi a seconda che si trovino in compagnia di altre femmine o di compagni maschi. Nel primo caso sono vivaci e allegre, nel secondo caso sono più remissive e lasciano scegliere ai maschietti come giocare.  Conformarsi alle aspettative sociali, e dunque aggregarsi ai compagni del proprio sesso, gli consente di farsi accettare e non rimanere isolati.

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Cosa aiutarli a crescere liberi

Dare la possibilità ai bambini di scegliere liberamente come giocare e con quali giochi consente loro di sviluppare la fantasia, la creatività e la personalità. Quando noi adulti proviamo disagio nel vedere un bambino giocare con una “Barbie” o una bambina preferire un robot alle principesse ricordiamoci che stiamo pensando per categorie di genere, per stereotipi, che ci sono stati trasmessi nel corso della nostra crescita.

E’ importante ricordare che non esiste, nella letteratura scientifica, alcuna correlazione tra la preferenza di un gioco e le future inclinazioni sessuali: non bisogna allarmarsi se il proprio figlio maschio preferisce giocare con la compagnetta e con le bambole. Lo stesso vale per le femmine. Saranno gli anni dell’adolescenza che porteranno ragazzi e ragazze a scoprire da quale genere sono attratti. La tenerezza e la dolcezza che un bambino esprime giocando con una bambola possono rivelare, invece, una sensibilità che nel futuro lo porteranno a scegliere un determinato lavoro, ad esempio. Ci vuole sensibilità per fare il medico, lo psicologo, per essere un buon insegnante, un buon marito o un buon padre. Mentre la determinazione e l’autonomia di una bambina le consentiranno di farsi valere in un mondo lavorativo che penalizza ancora tanto le donne, e a ricercare un partner che la valorizzi e le consenta di realizzarsi”.