Secondo le ultime statistiche il 30% delle gravidanze termina con un aborto spontaneo. Quasi una su tre. Ma se ne parla poco e la donna si sente sola, sbagliata e perduta. Ci sono passata anche io.
La prima volta sono rimasta incinta quasi senza aspettarmelo: mi ero lasciata alle spalle la faticosa strada della fecondazione assistita e per me, oramai, i bambini si facevano dal dottore (e non fate battute sul dottore che è amico del mio compagno. Ecco, facciamoci una risata liberatoria ora che dopo si ride assai poco).
LA SCOPERTA DELLA MIA PRIMA GRAVIDANZA
Nel maggio 2015 decisi di rimanere un giorno a casa perché non mi sentivo bene: pensavo mi stesse venendo il ciclo. Buttata sul divano, mi metto a guardare un documentario su Kurt Cobain. Ora: Kurt Cobain è stato uno degli amori della mia adolescenza, ma da qui a piangere come a 5 anni davanti a Bambi ce ne vuole.
Così faccio un test di gravidanza. E quella linea che mai si era colorata, a quasi 37 anni, era lì come nei film. Mi sono sentita investita da una specie di luce divina che manco l’annunciazione. Al mio compagno è presa un po’ più stile infarto.
Fin da subito non si è buttato in canti e balli (Tullio è noto per avere l’entusiasmo di uno scaldabagno). Aveva visto già finire male varie gravidanze attorno a sé. Io invece ho voluto percorrere la strada dell’ottimismo perché, pensavo, vabbè ma sarà raro: in genere dopo 9 mesi arriva il fagottino. O no?
I PRIMI SINTOMI DEL MIO ABORTO SPONTANEO
Il giorno dopo laboratorio di analisi per le fatidiche Beta HCG. Un valore basso. Faccio una prima eco e quel puntino è lì, nel posto giusto. Ancora non pulsa ma io già posso parlarci o suonare il pianoforte per lui/lei.
Le terze beta non sono convincenti, ma decido di abbandonare le paranoie e aspettare, come consiglia la ginecologa, perché per ora non c’è niente di davvero preoccupante.
Partiamo per Torino: musei, qualche cena, Salone del libro, vita normale. Ho sempre lievissime perdite e crampetti, molto comune all’inizio della gravidanza.
Torno a Roma e un sabato pomeriggio le perdite aumentano. La ginecologa mi consiglia una clinica convenzionata vicino casa. Entro e senza riflettere dico Credo di avere un aborto spontaneo. Sono di 9 settimane. In 5 minuti sono con gli occhi sullo schermo dell’ecografo. La gravidanza è ferma da almeno due settimane: la camera gestazionale si sta staccando, l’embrione si vede a malapena. Ho passato due settimane a fantasticare su un bambino che non c’era più. Mi dicono di aspettare se durante il weekend la natura farà il suo corso, altrimenti devo tornare lunedì e avviare la pratica per il raschiamento.
COME MI SONO SENTITA QUANDO LA MIA GRAVIDANZA SI È INTERROTTA
Passo il sabato notte a guardare film, a cercare di distrarmi mentre la natura si fa i fatti suoi e io non posso fermarla in nessun modo. Mi consolo pensando che, almeno, è successo molto presto. Le perdite aumentano, il giorno dopo vado in bagno e lo sento scendere: scusate il dettaglio, ma su Google una delle ricerche più formulate rispetto all’aborto spontaneo è aborto spontaneo cosa esce. Perché il pensiero di una donna è quello: sentire scivolarlo via, il dolore emotivo, quella piccola vita unica che non tornerà mai più.
Torno dal bagno, mi siedo vicino a Tullio che mi aspetta per continuare a vedere un film. Mi sa che è andato, faccio. Mi siedo. Lui mi abbraccia, piango in silenzio pure io che sono un duro che manco Clint Eastwood.
Qualche giorno dopo ho una bella emorragia. Corro di nuovo al pronto soccorso: l’ecografia evidenzia un utero oramai pulito, eccezion fatta per un fibroma che forse è stato la causa del mio aborto. Sono tutti molto gentili, al solito faccio ridere tutti, ma capisco che per loro è routine. Ne avrà altri, signora: a volte è il corpo che fa le prove generali. So che hanno ragione, ma aspettavo quella gravidanza da anni e mi sento vuota e persa.
Il giorno dopo chiamo un’amica che si sposa quella settimana. Le dico cosa mi è successo e che non potrò esserci. La risposta dall’altra parte mi sorprende: Ma pure a te, Silvie’? Cominciavo a pensare di essere l’unica: vedo tutte con i figli, gravidanze tranquille, mi sono detta… ma solo io?
IL 30% DELLE GRAVIDANZE FINISCE CON UN ABORTO SPONTANEO
Oggi si stima che un 30% delle gravidanze finisca con un aborto spontaneo: spesso entro la quinta settimana, quando molte ancora non si accorgono di essere incinta, o purtroppo quando la gravidanza è più avanti (per fortuna, più si va avanti e più diminuiscono le possibilità che questo avvenga).
Eppure tutte le donne con cui ho parlato e a cui è successo mi hanno detto se ne dovrebbe parlare di più.
LE POSSIBILI CAUSE DI UN ABORTO SPONTANEO
Mi ritrovo con nessun bambino in arrivo e un fibroma da togliere. Così chiamo questo amico di Tullio, giovane e bravo ginecologo.
Dopo settimane in cui ho sentito tante chiacchiere sulle possibili cause del mio aborto e nessuno mi ha detto cosa devo fare, finalmente questo dottore mi spiega in modo chiaro e comprensibile i fattori possibili di un aborto spontaneo:
CAUSE “MECCANICHE” O ANATOMICHE
Qualcosa nel tuo utero non ha permesso l’evoluzione della gravidanza: anomalie dell’utero (ad esempio utero setto), aderenze (cicatrici causate da infezioni o interventi), fibromi e polipi. Anche l’endometriosi può rientrare in questa casistica. Gli alleati della diagnosi? Ecografie e isteroscopie.
CAUSE ORMONALI
Problemi ormonali di varia natura, dalla tiroide a valori alti di prolattina, possono interferire col proseguimento della gravidanza. Il vostro medico vi prescriverà delle analisi del sangue.
CAUSE INFETTIVE
Batteri e virus vari possono essere la causa di un aborto spontaneo, purtroppo anche in epoca gestazionale molto avanzata per rottura delle membrane e conseguenti parti fatalmente prematuri. E qui via con tamponi e analisi del sangue per capire se ci sia effettivamente un’infezione.
CAUSE IMMUNOLOGICHE
Qui il discorso diventa più complesso e ancora oggetto di studio. Detto in soldoni: l’embrione è portatore di cellule che sono estranee al vostro DNA (cioè, il DNA del papà) e il vostro sistema immunitario potrebbe attaccarlo e interrompere la gravidanza. E questa è solo una delle possibilità. Nel mio caso, le Cellule NK (Natural Killer, giuro) erano un po’ alte e le ho dovute tenere a bada fino al sesto mese con il cortisone. Anche qui, sarà un immunologo a prescrivervi le analisi.
CAUSE GENETICHE
A quanto sembra, la maggior parte degli aborti è causata da anomalie cromosomiche dell’embrione che possono verificarsi anche in coppie geneticamente sane (l’embrione ha un patrimonio cromosomico incompatibile con la vita. Sostanzialmente, sfiga). Ma può esserci anche il caso in cui i genitori presentino anomalie genetiche che vengono trasmesse al feto e questo può portare ad aborti ripetuti.
Fra i problemi genetici c’è anche il mio, in realtà molto comune: sono una mutante, ho la Mutazione MTHRF, un difetto genetico che interferisce con l’assorbimento dei folati e porta a avere una tendenza a sviluppare trombosi, malattie coronariche e aborti spontanei. Per scoprire questo tipo di problemi bisogna ricorrere alle analisi genetiche, sempre tramite prelievo sanguigno.
Insomma, nel mio caso ho vinto un fibroma, un sistema immunitario killer, età avanzata che predispone a una maggiore probabilità di anomalie cromosomiche dell’embrione e una mutazione genetica che porta a una predisposizione all’aborto spontaneo.
Dopo aver rimosso il fibroma, e aspettato almeno tre cicli per riprovare a rimanere incinta, al test positivo ho cominciato ad assumere cardioaspirina (sostituita dalle iniezioni di eparina a partire dal sesto mese) e cortisone. E è arrivata Diana.
I MEDICI, LE STRUTTURE SANITARIE E L’ABORTO SPONTANEO
Secondo il servizio sanitario nazionale, è bene fare indagini a partire dal terzo aborto spontaneo poiché fino a due aborti può essere stata semplicemente sfiga. Il mio primo pensiero va alle donne che conosco e che sono dovute passare per ben tre aborti: non è una cosa semplice.
Continuare a sperare senza sapere e senza capire se ci sia un problema o meno, se sia risolvibile e come non è affatto divertente.
PARLARNE È LA PRIMA CURA PER L’ANIMA
Non si tratta solo di sfogarsi o andare da uno psicologo (se ne sentite il bisogno fatelo!).
Se ne dovrebbe parlare di più, perché 30% non è un piccolo numero e superare questi momenti difficili non dovrebbe essere solo un compito della donna da svolgere con coraggio e in silenzio.
Ogni mamma dovrebbe sapere quanto sia comune, purtroppo, questa brutta avventura, e dovrebbe poter avere gli strumenti per capire e sentirsi capita.
E poi, sì, non vergognamoci: facciamo noi il primo passo. Troviamo la nostra strada per chiudere un capitolo e andare avanti. Mio figlio sarebbe nato a gennaio, ho comprato una piccola boule de neige con un pupazzetto dentro e, ogni volta che vado a trovare i miei cari che riposano nella tomba di famiglia, il mio puntino è lì.
Qui un esauriente documento dell’Azienda Sanitaria di Firenze che spiega, sicuramente meglio di quanto abbia fatto io, numeri e cause dell’aborto spontaneo.